domenica 5 agosto 2012

Olimpiadi flashback: Abebe Bikila

Chissà se l'estate del '60 fu calda come quella di adesso; certo, vivendo in luogo di mare, la brezza la sera ci aiutava molto; in quelle notti, di fine agosto prima e di inizio settembre poi, me ne stavo in casa sveglio davanti allo scatolone magico acquistato dai miei proprio in occasione delle Olimpiadi di Roma.

Uno dei pochi ricordi prescolari che ho è quello di me e di mio nonno in cucina, lui su una sedia e io seduto direttamente sul massiccio tavolo di legno col piano in formica celeste-verdino tenuto da una bordatura in alluminio, a guardare affascinati le partite di basket.

Sicuramente di quello sport non capivo niente ma in qualche modo confuso sentivo di essere testimone di un fatto importante: vedevo atleti che scagliavano lontanissimo dei giavellotti, corpulenti individui che roteavano su se stessi per mandare il più lontano possibile un disco o una palla di ferro; uomini e donne che si avvitavano in strani contorcimenti buttandosi dall'alto di un trampolino giù in una vasca d'acqua.

Fra tutti, però indimenticabile, lui: Abebe Bikila, un negro tutt'ossa, sofferente ed emaciato, che correva senza scarpe e si lasciava dietro tutti, nel patimento della maratona; le immagini della memoria sono nebulose e sfocate, ma sono ancora qui dentro, ben presenti.

Olimpiadi di Roma 1960: Abebe Bikila nella maratona
 (clic sull'immagine per un Bikila ancora più grande)
 
Nella Grecia antica chi vinceva alle Olimpiadi aveva diritto a un premio concreto: poteva essere uno strìgile d'oro per detergersi il sudore oppure un intero anno di pranzi gratis; per Bikila fu un aumento di grado, nelle guardie del corpo dell'imperatore etiope Hailé Selassié.

Pensate che oggi qualcuno gareggerebbe se avesse in premio l'ultimo modello di un tablet o 365 buoni pasto di una mensa?

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