sabato 4 giugno 2011

Leggere col vocabolario

Mi capita ogni tanto di intestardirmi nella lettura di libri in inglese; ormai mi basta un'occhiata a qualche pagina aperta a caso per capire se il modesto bagaglio di parole che conosco possa bastare alla lettura.
Ci sono libri, o autori, che leggo con facilità, perché hanno un linguaggio piano e un vocabolario limitato; ci sono autori che non sarò mai capace di leggere proprio per la loro ricchezza verbale: Joseph Conrad, per esempio.
Complici alcune ore di attesa a cui ero obbligato stamani, ho portato con me un libro che era in 'fila di attesa' da un po': Food in Medieval Times, di Melitta Weiss Adamson; naturalmente facevano da contorno dei foglietti per le note e un lapis ben appuntato.
Mentre leggevo l'introduzione, tecnica, chiara e facilmente comprensibile, visto il contesto in cui mi trovavo seduto mi sono trovato a riflettere come sia raro vedere adulti (non studenti, voglio dire) starsene seduti in un luogo pubblico a leggere un libro; ancor più raro vederne prendere appunti durante la lettura. Certo, devo essere un tipo ben strano se invece di leggere un giornale sportivo o un settimanale illustrato o far due chiacchiere con un vicino d'attesa sulla vecchiaia e sulle malattie o su cose paliesche o sul Mens Sana basket, sono qui che mi affatico col mio poco inglese a leggere un testo su un tema così bizzarro.
Scavalcata di corsa l'introduzione, subito dopo ho dovuto segnare il passo perché mi sono imbattuto in una gran quantità di parole di cui ignoravo il significato e che non riuscivo con sicurezza neppure a dedurre dal contesto; a
llora ho riempito i miei foglietti di appunti con nomi e verbi ignoti e sottolineato sul libro un gran numero di parole sconosciute. La mia tecnica di lettura di un libro in inglese di solito è: salta le parole che non capisci perché tanto l'informazione è ridondante e non perdi il filo del ragionamento ma scriviti o sottolinea quello che non sai poi, alla scrivania, vai a consultare un vocabolario e annota la traduzione del significato.
Le 30 pagine o poco più che ho letto stamani sono state invece particolarmente difficili: trattandosi di un tema specifico, il cibo e la sua cottura e conservazione, mi sono scontrato con un vocabolario di cui non possedevo che pochi termini.

E se peaches sono le pesche, ginger lo zenzero, cabbage il cavolo e rye la segale (ricordate il famoso The Catcher in the Rye = Il giovane Holden), cosa sono le quinces, il dill e le parsnips?

Se pies sono torte o pasticci, cosa sono le fritters e le mushes? E se game è la selvaggina, cosa sarà il venison?

Insomma, ad un certo punto mi sono dato per vinto, rimandando al pomeriggio, seduto in poltrona accanto ad un bel vocabolario, la soluzione dei casi dubbi o assolutamente oscuri.
Temo sia una lettura che mi impegnerà più del previsto e che metterà a dura prova la mia memoria, che sul breve periodo lascia parecchio a desiderare. Ci sono per fortuna tecniche mnemoniche, lo sappiamo, che aiutano in questo campo: ad esempio, associare quinces (le mele cotogne) a quell'ottima marmellata che, se pure in quantità quasi omeopatica, mi ha regalato un amico qualche mese fa...


Nota: nella copertina del libro si vede un tratto dell'arazzo di Bayeux con un vescovo che benedice cibo e bevande; proprio alla sinistra di questa immagine si può sbirciare cosa succede in cucina:



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