giovedì 7 ottobre 2010

Gli indifferenti

Gli indifferenti è stato il primo libro che ho letto, voglio dire: il primo libro da adulti.
La prof. di italiano, giovanissima, bella, bionda e formosa, ci impose di leggere, in quel primo anno di liceo, qualche opera di Moravia. Un libro di Moravia a dei quattordicenni: la scelta suscitò qualche commento ma solo a letture avvenute perché, salvo una o forse due eccezioni, nessuno in classe sapeva neppure chi fosse questo Moravia.
Io non ero mai entrato in una libreria e quindi chiesi alla mamma di procurarmi l'opera che mi era stata assegnata: per qualche motivo che non ricordo si trattava de Gli Indifferenti.
Il vecchio negozio, forse l'unico che avesse questi libri nel paese, era gestito da una coppia di coniugi molto anziani (o così mi sembravano allora) e la mamma vi si recò ignara di che tipo di libro si trattasse: in casa la lettura era limitata ad un settimanale femminile e ad un quotidiano politico, la domenica, appannaggio solo di mio nonno.
Quando la mamma chiese alla Luigina il volume in oggetto, una figura grande e nera, che si aggirava lenta curiosando fra gli scaffali, si fece avanti interloquendo vivacemente: "Gli indifferenti? Ma che libri compra, signora?" chiese, con tono risentito e con la voce profonda del basso, il parroco di una delle due chiese del paese. Mia mamma, un po' intimidita, gli spiegò che non era per lei, ma per me, giovane studente di liceo. Al che il prete, alto, grande, grosso, la faccia rubizza e i modi decisi, cominciò una dura filippica contro gli insegnanti di oggi che imponevano ai ragazzi delle letture come quelle, senza neanche prepararli. Il sigaro in bocca, si scagliava contro la scuola moderna, gli insegnanti moderni, gli scrittori moderni (beh, era appena passato il '68, ma il libro era stato scritto nel '29!).
Credo che l'imbarazzo di mia mamma fosse molto forte ma, per difendere il suo cucciolo, alla fine portò a casa il libro che dovevo leggere come compito scolastico.
La narrazione, è vero, mi trovò assolutamente impreparato: amanti, tradimenti, un uomo che se la fa con una signora matura e poi tenta di creare un rapporto anche la di lei figlia, il fratello della giovane che subisce le avances dell'amica della madre.... Una storia di sesso che per un ragazzino ingenuo non era sicuramente adatta: mi aprì un mondo e mi fece nascere dei pruriti. Che avesse avuto ragione il buon don Giovanni?
Due anni dopo il monumentale prete (di famiglia piemontese?) nato in Argentina salì in cattedra come nostro nuovo docente di italiano; certo trasgressioni letterarie quell'anno non ce ne furono ma insegnò a quell'arrogante e antipatico contestatore che ero allora l'umorismo, lo sberleffo e l'ironia nella letteratura: è l'unica persona che ho visto ridere di cuore durante la lettura delle novelle del Boccaccio (quelle più castigate, s'intende).
Sesso e risate, gli unici modi per riconciliarsi col mondo?

Spero che don Giovanni Brusa, che in classe avevamo soprannominato 'il vecchio', continui ancora a ridere di gusto, lassù, insieme al suo Capo.

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